Piramide di Keller: origine, utilità e valore per l’Employer Branding

Pubblicato il: 1 Ottobre 2025Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre 2025

Il concetto di Brand Equity rappresenta la misura del valore che un marchio aggiunge a un prodotto o servizio, un principio cardine di ogni strategia di comunicazione efficace.

Comprendere e valorizzare questo valore percepito dal pubblico è l’essenza dell’approccio sviluppato da Kevin Lane Keller, che con la sua Piramide di Keller – nota anche come Brand Equity Model o modello CBBE – offre una mappa operativa per costruire un’identità di marca solida e fonte di vantaggio competitivo.

Proprio questa struttura a livelli – pragmaticamente sequenziale – si è rivelata, negli ultimi anni, una bussola essenziale anche nell’employer branding, guidando le aziende nel plasmare la propria reputazione come datori di lavoro.

 

Chi è Kevin Lane Keller

Dietro la struttura concettuale che domina le riflessioni moderne sul valore di marca si trova Kevin Lane Keller, riconosciuto internazionalmente come professore di marketing e docente presso la Tuck School of Business. Il lavoro di Keller evidenzia la sua grande esperienza nella misurazione e nella gestione della brand equity.

L’apporto di Keller, supportato dal confronto con figure di pari rilievo come David Aaker, Philip Kotler e Gary Armstrong, costituisce uno dei capisaldi per la definizione della strategia di marca, non solo nelle grandi aziende, ma oggi sempre più anche per PMI e realtà che puntano a distinguersi come destinazione ideale per i migliori talenti.

Cos’è la Piramide di Keller: definizione e origini

Il cosiddetto Brand Equity Model – o piramide CBBE (Customer Based Brand Equity) – di Keller posiziona il “valore differenziale generato dal nome della marca sull’effetto delle risposte del consumatore”, declinando il principio espresso da Kotler & Armstrong sull’effetto differenziale della marca.

Il modello si basa su una scala a quattro livelli, ognuno presidiato da domande chiave che guidano la costruzione della percezione e fidelizzazione: dalla semplice conoscenza all’identificazione profonda, passando per performance, immagine e giudizi fino alla risonanza. Questa struttura consente alle aziende di intervenire in modo analitico e graduale, lasciando poco spazio all’improvvisazione.

La Piramide di Keller: i 4 livelli spiegati

Alla base si trova la Salience, che riguarda la capacità del brand di essere riconosciuto e ricordato. Non è solo una questione di visibilità, ma di presenza stabile e chiara nella mente delle persone: quando pensano a una categoria di prodotto, servizio o datore di lavoro, il marchio deve emergere spontaneamente. Ad esempio, se parliamo di sneakers innovative o di ambienti di lavoro inclusivi, alcuni brand si impongono immediatamente nella memoria collettiva.

Il secondo gradino è rappresentato da Performance e Imagery, due dimensioni complementari. La Performance misura quanto il brand riesce a mantenere le sue promesse funzionali: qualità dei prodotti, affidabilità dei servizi, coerenza delle pratiche HR. L’Imagery, invece, riguarda l’universo simbolico ed emozionale che il brand proietta: lo stile di vita, i valori e le aspirazioni che incarnano il marchio e lo distinguono. In sintesi, la performance garantisce che il brand funzioni nella pratica, mentre l’imagery fa sì che il brand significhi qualcosa di rilevante per chi lo sceglie.

Al terzo livello troviamo Judgments e Feelings, dove la relazione si arricchisce sia di razionalità sia di emozioni. I Judgments sono i giudizi logici che il pubblico formula: quanto il brand è credibile, affidabile, distintivo. I Feelings sono invece le emozioni generate dall’esperienza: fiducia, orgoglio, entusiasmo, appartenenza. È in questo punto che la marca smette di essere una scelta fra tante e comincia a costruire una vera preferenza.

All’apice della piramide si trova la Resonance, lo stadio più ambito e anche più difficile da raggiungere. Qui il brand diventa parte integrante della vita delle persone: non si limita a soddisfare un bisogno, ma genera un legame basato su fedeltà, attaccamento e senso di comunità. La resonance si manifesta quando i clienti acquistano ripetutamente senza esitazione, oppure quando i collaboratori diventano i primi ambasciatori del brand, partecipando attivamente alla sua crescita e promuovendolo spontaneamente all’esterno.

Salience (Rilevanza)

La Salience, primo livello della Piramide di Keller, rappresenta il punto di partenza per ogni strategia di branding: la definizione della Brand Identity. In questa fase l’obiettivo è garantire che il marchio sia riconoscibile, presente nella mente del pubblico e in grado di emergere all’interno di un mercato affollato.

Per riuscirci è fondamentale identificare con precisione il target di riferimento, comprenderne bisogni e aspettative e analizzare le ragioni per cui quel brand dovrebbe distinguersi rispetto agli altri. La segmentazione diventa quindi un passaggio chiave: solo conoscendo a fondo il proprio pubblico un’azienda può dare una risposta chiara e coerente alla domanda cruciale che ogni cliente (o candidato) si pone: “chi sei tu, nel mio mondo?”

Performance & Imagery

Al secondo livello la piramide si biforca e il viaggio prosegue su due binari complementari: Performance – cioè la capacità del brand di mantenere le sue promesse funzionali – ed Imagery, quella dimensione più sottile che definisce l’immagine associata, il posizionamento emotivo e i valori riflessi.

Nel dettaglio, Performance riguarda la coerenza e le caratteristiche tecniche o funzionali del prodotto, ovvero quanto il brand soddisfa davvero ciò che promette. L’Imagery, invece, si insinua nella sfera dei significati sociali, nelle associazioni psicologiche e nel modo in cui la marca si proietta nei sogni e nei desideri del target. Comunicare in modo credibile come il brand risponde ai bisogni è la chiave per incidere sull’immaginario collettivo.

Judgments & Feelings

Superati i primi due gradini si entra nel regno delle percezioni. Nel terzo livello, Judgments e Feelings sono le lenti attraverso cui il consumatore (o candidato) osserva, misura e valuta il brand: giudizi logici, valutazioni di affidabilità, qualità e distinzione (Judgments), insieme alle emozioni, ricordi e sentimenti (Feelings) che la marca riesce a suscitare.
Dare attenzione consapevole a metriche qualitative, raccogliere e valorizzare i pensieri e i sentimenti positivi generati nelle interazioni quotidiane, è la mossa strategica che in questo stadio consente di evolvere la relazione da semplice transazione ad autentica preferenza emotiva.

Resonance (Risonanza)

L’apice della Piramide di Keller è la Resonance: qui maturano legami profondi, nasce il coinvolgimento attivo e si sviluppa la vera e propria comunità di sostenitori. Si tratta di una condizione rara e ambita, in cui la relazione tra pubblico e marca si fa simbiotica, governata da continuità, senso di appartenenza e fidelizzazione anche di fronte alla tentazione della concorrenza.
Raggiungere la Resonance equivale a conquistare la fedeltà comportamentale, un attaccamento attitudinale ed emotivo e la partecipazione a una community che vive il brand ben oltre il semplice atto d’acquisto.

Componenti misurabili della Piramide di Keller

Salience: riconoscibilità e presenza nella mente del pubblico

La Salience è la base della piramide ed è il punto in cui si misura la forza della brand identity. Non si tratta solo di notorietà, ma della capacità del marchio di emergere quando una persona pensa a una categoria di prodotti o a un possibile datore di lavoro.

Indicatori tipici sono il livello di brand awareness (spontanea e sollecitata), lo share of voice nei media e il volume di ricerche online. In chiave HR, la Salience si traduce nella capacità di un’azienda di farsi conoscere sul mercato del lavoro: quanto i candidati associano immediatamente un brand a un ambiente di lavoro desiderabile.

Performance & Imagery: coerenza funzionale e universo simbolico

Il secondo gradino della piramide unisce due dimensioni complementari.

  • La Performance valuta se il brand mantiene davvero ciò che promette: qualità percepita, affidabilità, soddisfazione dei clienti o dei dipendenti. Qui entrano in gioco indicatori come il livello di soddisfazione (CSAT), i tassi di rinnovo e la coerenza tra benefit dichiarati e quelli realmente offerti.
  • L’Imagery, invece, si concentra sull’aspetto più immateriale: i valori, lo stile di vita e le associazioni che circondano il marchio. Può essere misurata attraverso indagini qualitative, analisi delle conversazioni online e verificando l’allineamento con i valori ricercati dal pubblico (innovazione, sostenibilità, inclusione).

Insieme, Performance e Imagery permettono di capire se il brand funziona nella pratica e se riesce anche a ispirare e rappresentare il pubblico di riferimento.

Judgments: qualità, credibilità, considerazione, superiorità

Non basta ascoltare le opinioni: occorre saperle tradurre in valori misurabili. Il terzo livello della piramide offre una griglia precisa con quattro parametri chiave.

  • Qualità percepita → sintesi delle performance funzionali.
  • Credibilità → coerenza tra la promessa e la reale capacità di mantenerla.
  • Considerazione → livello di raccomandabilità e preferenza.
  • Superiorità → quanto il brand è percepito come unico e distintivo.

Monitorare questi indicatori consente di costruire una strategia realmente centrata sul cliente (o sul candidato, nell’employer branding).

Resonance: lealtà, attaccamento, comunità, coinvolgimento

All’apice della piramide troviamo la Resonance, lo stadio più raro e ambito, in cui il rapporto con il brand diventa profondo e duraturo. Qui si misurano quattro condizioni fondamentali:

  • Lealtà comportamentale → ripetizione degli acquisti o retention dei dipendenti.
  • Attaccamento attitudinale → la forza emotiva che lega le persone al brand.
  • Senso di comunità → aggregazione e riconoscimento reciproco.
  • Coinvolgimento attivo → advocacy, partecipazione a eventi, promozione spontanea.

Raggiungere la Resonance significa trasformare la marca in un punto di riferimento identitario, capace di vivere nella quotidianità delle persone ben oltre il prodotto o il contratto di lavoro.

Esempi pratici e decisioni strategiche

Starbucks come modello di responsabilità sociale

A dare sostanza alle teorie contribuiscono gli esempi reali. Starbucks, in questo contesto, rappresenta l’incarnazione della brand equity costruita sulla responsabilità sociale e sull’esperienza customer-centrica.

La multinazionale è riuscita a tessere un legame profondo con la propria community, non solo grazie alla qualità dei suoi prodotti, ma soprattutto per l’ecosistema di valori, sostenibilità e coinvolgimento attivo creato attorno al logo verde. Coinvolgere il proprio pubblico – clienti o dipendenti che siano – in iniziative di impatto sociale si rivela un acceleratore formidabile sulla via della resonance.

Uso della piramide per decidere brand extension o nuova marca

La Piramide di Keller si dimostra anche uno strumento prezioso per decisioni complesse come la scelta fra estendere un marchio a nuove linee di prodotto (brand extension) o creare una nuova marca. Capire a che livello della piramide si trova l’identità attuale e se la Resonance è già maturata evita rischi di cannibalizzazione e flessioni reputazionali.

Se la performance, l’immagine e la risonanza sono consolidate, l’estensione del brand può rivelarsi una mossa strategica; in caso contrario, procedere gradualmente nella costruzione dei livelli precedenti riduce i rischi e massimizza il valore nel medio-lungo termine.

Il Brand Equity Model è molto più di una semplice teoria: è una roadmap concreta per chi, nel vortice della competizione – sia sul mercato dei consumatori che dei talenti – vuole costruire un capitale di valore durevole.

Metodica nella sua sequenzialità, genera takeaway operativi chiari: segmentazione accurata, coerenza delle manifestazioni, monitoraggio strutturato di giudizi e sentimenti, attivazione di community. In un mondo in cui la differenza la fanno dettagli coerenti e reputazione solida, il modello CBBE si conferma il compagno di viaggio ideale per evolvere la strategia di marca e accendere quella risonanza che fa di un employer un vero brand di riferimento.

Differenza tra il Prisma di Kapferer e la Piramide di Keller

Quando si parla di modelli di branding, spesso i nomi di Kevin Lane Keller e Jean-Noël Kapferer emergono come riferimenti fondamentali. I loro strumenti – la Piramide CBBE e il Prisma dell’identità di marca – condividono l’obiettivo di chiarire il ruolo della marca, ma adottano prospettive diverse.

La differenza principale sta quindi nella prospettiva:

  • Keller lavora sulla costruzione del valore percepito (come il pubblico ti conosce, ti giudica e si lega a te). È un modello a quattro livelli che spiega come si costruisce la brand equity – cioè il valore che il brand genera nella mente delle persone. È un approccio sequenziale e strategico, che accompagna i brand a trasformare notorietà in relazioni durature e coinvolgimento emotivo.
  • Kapferer lavora sulla definizione identitaria (chi sei come brand, quali valori e tratti ti rappresentano). L’approccio è olistico e descrittivo: serve a rappresentare l’identità di marca in tutte le sue dimensioni. È uno strumento che aiuta i brand a chiedersi “chi siamo e come vogliamo essere percepiti”, garantendo coerenza tra ciò che l’azienda dichiara e ciò che i clienti o i collaboratori sperimentano.

Insieme, i due modelli offrono una bussola completa: il Prisma aiuta a disegnare un’identità coerente, la Piramide a misurare e rafforzare la relazione con il pubblico fino alla fedeltà più profonda.

Applicare la Piramide di Keller all’Employer Branding

Nel panorama odierno, dove la competizione per il talento non conosce tregua, adattare la Piramide di Keller all’employer branding è diventato un esercizio imprescindibile.

Si parte dalla Salience, la base del modello, che in ottica HR si traduce nella capacità dell’azienda di definire e comunicare con chiarezza la propria Employer Identity.

Chi siamo come datore di lavoro? A chi vogliamo parlare?
Qui, la segmentazione del mercato del lavoro prende il posto di quella dei consumatori: identificare il target di candidati e chiarire cosa li motiva rappresenta la premessa per un’identità distintiva e ben posizionata.

Il secondo gradino corrisponde alla traslazione in chiave talent attraction di Performance e Imagery. In questa fase, l’Employee Value Proposition (EVP), il ventaglio di benefit, la cultura organizzativa e le esperienze offerte ai collaboratori diventano non solo strumenti di comunicazione ma manifestazioni tangibili del significato della marca come luogo di lavoro. Dall’affidabilità dei contratti all’immagine interna ed esterna, tutto contribuisce a orientare le scelte dei talenti e a costruire la percezione del brand employer.

Dalla percezione interna al legame profondo

Superata la fase di identità e proposta di valore, si entra nel livello delle valutazioni. Qui emergono i Judgments dei dipendenti – giudizi su equità, trasparenza, meritocrazia, leadership – insieme ai Feelings, cioè le emozioni generate nell’ambiente interno, che nel loro insieme misurano la reputazione del datore di lavoro.

La domanda chiave diventa: cosa dicono e sentono i collaboratori dentro e fuori dall’azienda? Per rispondere occorre mappare feedback qualitativi, indagini di clima e sentiment analysis. È questo il passaggio strategico per gestire la percezione, correggere eventuali distorsioni e alimentare un circolo virtuoso di advocacy e coinvolgimento.

Il vertice della piramide è la Resonance, che nell’employer branding si manifesta attraverso la retention dei talenti, l’advocacy interna forte e spontanea e la creazione di una vera community aziendale. Il legame emotivo, il senso di appartenenza e la partecipazione attiva si traducono in metriche strategiche, trasformando le persone da semplici dipendenti a Brand Ambassador.

Qui la distinzione fra semplice occupazione e vero engagement si fa netta: la piramide, intesa come guida progettuale, aiuta a costruire ogni step con coerenza, evitando quello «stress da storytelling» che spesso allontana anziché attrarre.

Condividi questo articolo